Io esisto e non era questo il programma di qualcuno
Il discorso della senatrice a vita Liliana Segre al Parlamento europeo
In occasione delle celebrazioni del 75esimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau la senatrice a vita Liliana Segre è stata accolta dal Parlamento europeo per dare testimonianza della Shoah attraverso la propria vicenda di ebrea deportata nei campi di sterminio nazisti e di sopravvissuta. Un discorso il suo che ha commosso sino alle lacrime i molti parlamentare europei presenti. «Anche oggi qualcuno non vuole guardare e anche adesso qualcuno dice che non è vero», ha detto la senatrice riferendosi all’Olocausto. Per chiosare: nel fare memoria di ciò che è stato, «un semplicissimo messaggio di nonna vorrei lasciare ai miei futuri nipoti ideali: spero siano in grado di fare la scelta e di essere con la loro responsabilità e la loro coscienza sempre come la farfalla gialla che vola sopra i fili spinati disegnata da una bambina di Terezin deportata in un campo di concentramento».
Ricevuta dal presidente del parlamento Ue David Sassoli, prima del suo intervento ha scritto una dedica nel libro riservato agli ospiti dell’istituzione europea: «Che emozione! Io esisto, e anche il Parlamento Europeo». «Non era questo il disegno di qualcuno», ha sottolineato la senatrice, prima di parlare agli eurodeputati. «All’ingresso ho visto le bandiere colorate di tanti stati affratellati al Parlamento europeo, dove si parla, si discute, ci si guarda negli occhi. Non è stato sempre così».
«Ancora oggi qualcuno nega l’Olocausto. Ma è impossibile dimenticare il male altrui».
«Anche oggi qualcuno non vuole guardare e anche adesso qualcuno dice che non è vero», ha detto Liliana Segre ricordando con le parole di Primo Levi «lo stupore per il male altrui», che «nessuno che è stato prigioniero» nel campo «ha mai potuto dimenticare».
«L’antisemitismo è insito nei poveri di spirito».
«La parola razza ancora la sentiamo dire e per questo dobbiamo combattere questo razzismo strutturale, che c’è ancora», ha proseguito, «la gente mi domanda come mai si parli di antisemitismo, di razzismo, ma perché c’è sempre stato e perché sono insiti negli animi dei poveri di spirito».
«In politica c’è chi ne approfitta».
C’è sempre «un momento politico» per poter tirare fuori «il razzismo e l’antisemitismo che sono insiti nell’animo dei poveri di spirito. Arrivano i momenti più adatti in cui ci si volta dall’altra parte, in cui è più facile far finta di niente, che si guarda solo il proprio cortile e si dice “è una cosa che non mi riguarda”». Poi ci sono alcuni che «approfittano di questa situazione e trovano il terreno adatto per farsi avanti», ha spiegato.
«Trovare parole comuni, come noi nei lager»
«Chiunque» abbia studiato la storia «sa» che in Europa è «da 75 anni che c’è pace», mentre «il passato ha fatto sì che i popoli a volte non si conoscessero», ha sottolineato la senatrice a vita. «Le bandiere che ho visto fuori mi hanno fatto ricordare quel desiderio di trovare con le olandesi, con le francesi, le polacche, le tedesche, le ungheresi, una parola comune». «Dell’ungherese ho imparato una sola parola: pane, Kenyér si dice, che vuol dire fame, ma anche sacralità».
«Ho incontrato delle persone in quella babele di lingue. Non posso che ricordarlo, qui dove tante lingue si incontrano in pace, perché era possibile comunicare con le compagne che venivano da tutta l’Europa occupata dai nazisti solo trovando delle parole comuni». «Perché sennò la solitudine assoluta, il silenzio, il non poter scambiare una parola con l’altro, derivava da qualche isolamento ancestrale delle comunità, che non si erano riunite in Parlamenti, visto che l’Europa da secoli litigava in modo spaventoso».
“I giovani sappiano volare sopra i fili spinati”
Il miracolo della farfalla: «Questo è un semplicissimo messaggio da nonna che vorrei lasciare ai miei futuri nipoti ideali: che siano in grado di fare la scelta» della non indifferenza «e con la loro responsabilità e la loro coscienza essere sempre quella farfalla gialla che vola sopra i fili spinati», dice la senatrice Segre, chiudendo il suo intervento davanti agli eurodeputati, ricordando la marcia della morte e poi una bambina del campo di Terezin, che – prima di essere uccisa dai nazisti – disegnò una farfalla gialla che volava sopra ai fili spinati. «Anche oggi fatico a ricordare, ma mi è sembrato un grande dovere accettare questo invito per ricordare il male altrui, ma anche per ricordare che si può, una gamba davanti all’altra, essere come quella bambina di Terezin».